2015-10-20 Lettera ai padri sinodali e ai pastori della Chiesa Cattolica - di Sabrina

Santa Maria Bertilla Boscardin

20 ottobre 2015

Reverendi Pastori della Chiesa Cattolica,

prima di tutto, vi porgo il mio filiale e deferente ossequio.

Mi rivolgo, con il cuore in mano, a voi tutti, e segnatamente a coloro tra voi che ritengono sia giusto ammettere i divorziati risposati civilmente alla Sacra Mensa Eucaristica.

Vi confido, cari padri, che già da tempo sto pregando e riflettendo, nel mio piccolo, su tale questione. Ma, sinceramente, per quanto mi sia applicata, non sono riuscita a trovare nessuna valida ragione che possa convincermi che tale "apertura" sia possibile, senza con ciò stesso tradire la perenne Dottrina della Chiesa e - ancor prima e ancor più - il Santo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo.

Egli, il Verbo Incarnato e il Maestro Divino, ci insegna:

Marco 10,11-12

11 «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; 12 se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».

Questa, cari padri, come voi ben sapete, è Parola di Dio e, come tale, non esiste alcuna potestà umana - e neppure ecclesiastica - che possa modificarla; s'intende: che possa modificarla senza con ciò stesso fare naufragio nella vera Fede cattolica e apostolica.

Tra l'altro, come cristiana, rimango dispiaciuta e delusa nel constatare che certi tra voi, reverendi padri, in questo Sinodo, più che occuparsi nell'insegnare e far splendere la virtù - nel Matrimonio Sacramento - si arrovellano, compiendo vari tentativi di improbabile equilibrismo tra Dottrina e pastorale, per vedere come poter avallare e giustificare il vizio.

Quando odo che alcuni tra voi si sono fatti, in modo forte e deciso, paladini di questa "innovazione" secondo cui sarebbe bene concedere l'accesso alla Santa Comunione Eucaristica ai divorziati risposati, io prego in modo speciale per le vostre anime, cari Pastori, perché inorridisco al solo pensare alle conseguenze disastrose - al confronto delle quali un cataclisma naturale sarebbe piccola cosa: poiché nel caso in questione si tratterebbe di una immane tragedia di ordine spirituale - che una tale "apertura" determinerebbe, con un effetto a valanga.

Infatti, se persone che vivono in stato di adulterio (oggettivamente, grave peccato manifesto) possono lecitamente accostarsi al Divino Banchetto, ne deriva:

- anzitutto, che vi renderete responsabili in prima persona della indegna ricezione dell'Ostia consacrata da parte di questi peccatori impenitenti; i quali, quando al presente si accostano al santo altare per ricevervi il Corpo di Cristo, fanno questo per loro personale decisione; ma non certo con l'esplicita e ufficiale approvazione della Chiesa di Gesù Cristo.

Essa, Sua mistica Sposa e Suo corpo, ha già più volte espresso, con grande chiarezza e precisione, il Pensiero di Cristo in merito, sia con riferimento alla Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi:

1Corinzi 11,23-29

23 Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24 e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». 25 Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». 26 Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. 27 Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. 28 Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; 29 perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

sia mediante il santo e illuminato magistero di San Giovanni Paolo II (Ecclesia de Eucharistia, Capitolo 4, 36-37) e del Santo Padre Benedetto XVI (Sacramentum caritatis, Eucaristia e indissolubilità del matrimonio, 29).

Questa, dunque, dei sacrilegi eucaristici che verrebbero inevitabilmente a moltiplicarsi, è la conseguenza più grave e funesta. Unitamente al fatto che voi, cari padri - che siete stati chiamati ed eletti da Dio stesso, per aiutarLo nel santo ministero della salvezza delle anime - finireste miseramente per ministrare al rovescio, ossia (spiace dirlo) a pro della rovina eterna delle anime a voi affidate.

E' mai possibile, mi sono chiesta, che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana possa dare la Santissima Eucaristia - la Perla suprema che Essa stessa ha ricevuto in dono dal suo Sposo e Signore Gesù Cristo, nell'ultima Cena - agli indegni? No, ho risposto, questo non è possibile; e se una tale concessione dovesse esservi, facendola passare anche solo con la scusa delle "eccezioni pastorali", allora a permettere questo saranno stati "degli uomini di Chiesa" che hanno apostatato dalla vera Fede, e non "la Chiesa Cattolica". Perché laddove la Parola del Signore Gesù - così chiara, così limpida - dovesse essere disattesa ed elusa, saremmo dinanzi alla costituzione rovinosa di un'altra realtà, che non potrebbe più, senza ombra di dubbio, essere e chiamarsi la Chiesa Cattolica.

- Se i divorziati risposati avranno da voi il permesso di accostarsi al Corpo e al Sangue di Cristo in Sacramento rimanendo tali e quali - e cioè in uno stato e in una condizione di vita che oggettivamente contrastano con la Legge di Dio e contraddicono l'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, che è significata ed attuata nell'Eucaristia (Sacramentum caritatis, 29) - ne consegue che non solo essi ma qualsiasi peccatore impenitente potrà arrogarsi il medesimo "diritto". Ma, ammettendo questo, sarebbe implicitamente demolita la dottrina cattolica a riguardo della Grazia santificante, la quale è il principale e ineludibile requisito per una degna ricezione della Santa Comunione Eucaristica.

- Inoltre, anche il Sacramento della Confessione o Penitenza non avrebbe più alcuna ragion d'essere, poiché ci troveremmo di fatto a vivere in una concezione non più cattolica bensì protestante, della Misericordia. Una "misericordia" - fallace, diabolica, che porterà solo ad una falsa pace delle coscienze - che si riversa su chiunque senza che sia più necessaria la libera accoglienza del Perdono di Dio da parte dell'uomo peccatore: secondo questa tesi strampalata, Dio ti perdona comunque e sempre, senza la necessità che tu ti penta dei peccati commessi e proponga di cambiare vita. Un'assoluzione senza conversione.

- Altra conseguenza di tale ingannevole pietismo sarà inevitabilmente che l'indissolubilità del Matrimonio Sacramento diventerà una cosa ridicola: un principio soltanto scritto sulla carta, ma in realtà, nella prassi comune, tranquillamente eluso; perché, si sa, ormai c'è un abisso tra la Dottrina e il modo in cui vivono molte persone, per cui "la soluzione", secondo certi pastori, sta nel gettare fumo negli occhi della gente, continuando a proclamare a parole che non si cambia la Dottrina, ma si tratta solamente di un adeguamento della pastorale, considerate le rapide evoluzioni (involuzioni, dico io, verso il degrado morale e spirituale più grande, in chiara opposizione al progetto di vero amore del Dio Creatore, che nel Suo Figlio Gesù Cristo, morto e risorto per tutti, ci chiama a partecipare alla Vita Divina) dei costumi e del concetto stesso di famiglia.

Ne consegue che concedendo la ricezione della Santissima Eucaristia ai divorziati risposati, di fatto si aprirà un varco significativo al riconoscimento (e alla benedizione?) di qualsiasi tipo di unione, poiché, come un prelato ha affermato di recente: "Qualsiasi amore viene da Dio". Chiedo: "Anche quello omosessuale, Eminenza? Anche quello pedofilo? Anche la bestialità?". O ancora, ho sentito frasi del tipo: "Ogni persona divorziata risposata sia lasciata libera di seguire la propria coscienza, decidendo da sé se le è lecito o meno ricevere la Santa Comunione". Quando leggo tali affermazioni, di primo moto mi verrebbe da chiedermi: "Ma è uno scherzo?", perché seriamente mi domando se sia mai possibile, al termine di un Sinodo sulla famiglia (per di più suddiviso in due parti), uscire con simili assurdità. Infatti, se tutto, nell'etica e nella morale cristiana fosse riconducibile alla sola coscienza personale, considerata come criterio assoluto della distinzione tra il bene e il male, allora, scusate, reverendi padri: a che pro questa assise sinodale? E, ancor più: a cosa serve la stessa Chiesa, gerarchica e carismatica, con l'autorevole insegnamento del Magistero?

Abbiamo ricevuto in dono un'immensa e preziosissima eredità: la Fede apostolica nel Signore Gesù; i Dogmi; il Magistero autentico. Non gettiamo via tutto ciò per accomodante compromesso con le mode del mondo e nemmeno per la fasulla persuasione che abbassando il livello delle esigenze morali e spirituali derivanti dal Vangelo, le chiese torneranno a riempirsi. Che grande inganno è questo, venerati padri!


Cari padri,

vi ho scritto con parresia, mossa unicamente dall'amore a Cristo e alla Sua Chiesa.

Vi supplico di rendervi pienamente conto della seria responsabilità che, in quanto Pastori, avete anzitutto verso il Pastore e Custode supremo delle nostre anime, l'Uomo Dio Cristo Gesù.

Egli, che vi ha costituiti Vescovi nella Sua Chiesa Cattolica, vi chiede di nutrire le pecorelle del Suo amato gregge con azzimi di Verità e con il puro latte del vero Amore che, per noi credenti, è solo Cristo.

Il mio augurio è che possiamo essere, uniti nello Spirito Santo, pastori e gregge, ancora e sempre più luce e sale in questo nostro travagliato tempo.

Accogliamo certamente con vera compassione - nelle forme e nei modi che l'autentico spirito di carità cristiana ci suggerisce - tanti fratelli e sorelle in vario modo sofferenti; ma non dimentichiamoci di tenere fisso lo sguardo su Dio, e in modo speciale sul Signore Gesù realmente presente nel Santissimo Sacramento. Sarà Lui - che è la Via - ad indicarci il sentiero della Vita vera. Sursum corda!


Sabrina Luraschi Corbetta